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Influenze italiane nell’arte spagnola tra Cinquecento e Seicento

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Velàzquez e i grandi maestri del Bel Paese

di Irene Tempestini

– Quanta beltà nella pittura corposa, ricca di materia, caratterizzata dallo studio del dato reale ed emotivo reso da una luce potente e drammatica, del Caravaggio! Beltà che a cavallo tra Cinque e Seicento non sfuggì a committenti ed artisti, non solo italiani, in primis all’ arte spagnola. Roberto Longhi, insigne storico dell’arte, nel 1920 attribuì il  “San Tommaso” conservato al Musée des Beaux Arts di Orléans, al pittore spagnolo Diego Velázquez, uno degli artisti più rappresentativi dell’epoca barocca. Longhi restituì quindi la giusta paternità dell’opera allo spagnolo, togliendone l’attribuzione erronea al Murillo. Il San Tommaso è opera giovanile di Velàzquez, ed è una delle più caravaggesche tra quelle che appartengono al periodo compreso tra il 1617 e il 1622 (stesso periodo dei “Bodegones”, dell’ “Immacolata”, del “S. Giovanni Evangelista”, del “S. Pietro”, dell’ “Emmaus”, e dell’”Adorazione dei Magi”).

 

Elementi dedotti dallo stile del Merisi si vedono nel santo che è colto nel momento in cui alza la testa dalla lettura e corruga la fronte, quasi a indicare incredulità; e notevole non è tanto l’espressione, bensì la scelta di un modello dove la fisicità dei riflessi è potentemente visibile, così come la capacità di cogliere un atteggiamento naturale con dignità. Sul fondo bruno si ha l’apparizione concreta della materia pregna di luce che si impasta sulla fronte, sulle tempie, mentre le ombre si stagliano sulle orbite, sulle orecchie e sul collo. Come il Santo, anche gli oggetti presenti (libro, mantello) si immergono nel bagno di luce e ombra. Probabilmente a Siviglia, sua città natale, Velazquez creò una serie di apostoli che comprende il “S. Paolo Apostolo” del museo di Barcellona, forse un “S. Mattia” a Dresda erroneamente attribuito ad Herrera, e di questa serie doveva far parte anche il “S. Tommaso”, viste le similitudini  riscontrabili nella luce che colpisce la fronte e il libro e nei grandi panneggi avvolti.

 

Ma in quale modo Velàzquez potette conoscere la pittura caravaggesca ed esserne influenzato? E più in generale come si realizzò questa proficua congiuntura italo-spagnola tra il Cinquecento e il Seicento? Principalmente grazie alla presenza in Spagna di opere d’arte italiane (dipinti veneziani del Cinquecento di maestri quali Tiziano e Bassano) e alla presenza di pittori manieristi a Corte. Nel caso specifico del Velàzquez, sappiamo che  attraverso Pacheco, suo maestro, del quale aveva sposato la figlia, lavorò al servizio della corte, diventandone un personaggio di spicco. A Madrid Velàzquez  ebbe modo di studiare le collezioni reali, ricche in particolare di dipinti veneziani, e nel 1628 conobbe P. P. Rubens; l’anno successivo, nel 1629, chiese a Filippo IV il permesso di compiere un primo viaggio di studio in Italia (Genova, Milano, Venezia, Ferrara, Cento, Bologna, Roma, Napoli). Nel 1649 fu di nuovo in Italia (Genova, Milano, Venezia, Bologna, Modena, Parma e Firenze, Roma).

 

Vincenzo Campi, I mangiatori di ricotta (Musée des Beaux-Arts di Lione)

Vincenzo Campi, I mangiatori di ricotta (Musée des Beaux-Arts di Lione)

Importante fu anche la presenza in Spagna di opere dei fratelli Campi di Cremona, i quali oltre all’adesione ai dettami della Controriforma, svilupparono un’arte naturalistica rifacendosi ad artisti della prima metà del Cinquecento (Lotto e Savoldo soprattutto). Di Antonio Campi si veda ad esempio il “S. Gerolamo” al Prado (1570), di Vincenzo Campi la “Crocifissione” all’Accademia di S. Fernando (1577) che prelude al Caravaggio. Tuttavia prima che la Spagna fosse profondamente influenzata furono necessarie altre “ondate di venezianità” e “rinforzi naturalistici”. In particolare questi rinforzi giunsero da Firenze, che nella seconda metà del Cinquecento era fucina di tendenze, Pontormo su tutti. Altrettanto importante sarà la riforma di Santi di Tito, seguita dall’opera di Jacopo da Empoli e Lodovico Cardi, detto il Cigoli. E ancora la fluidità e resa atmosferica del Passignano, del Ligozzi e del Pagani che sposterà l’interesse sempre più verso accordi cromatici e luministici. Un esempio è dato dall’ “Ultima Cena” del Cigoli (Empoli, 1591), nella quale l’artista accorda la gamma calda dei veneti con quella acidula ed irreale del Barocci. La pittura  spagnola a cavallo tra Cinque e Seicento non era tanto diversa dalla pittura fiorentina contemporanea, grazie ai fiorentini Bartolomeo e Vincenzo Carducci, ribattezzati Carducho, che fecero da tramite. Si veda ad esempio la “Pietà” (Madrid) di Bartolomeo Carducci, semplice e severa nella composizione ma di una fluidità cromatica lieve e velata. Del 1610 è invece la “Predica del Battista” (Accademia di S. Fernando) di Vincenzo Carducci, dipinta con la medesima fluidità.  Il primo grande rinnovamento della pittura spagnola di Ribalta, di Roelas ed Herrera discende proprio dall’influenza di questi “fiorentini riformati”.

Deposizione - Bartolomeo Carducci (Museo Nacional del Prado, Madrid)

Bartolomeo Carducci, “Deposizione” (Museo Nacional del Prado, Madrid)

 

All’inizio del Seicento giunsero dall’Italia altre influenze ancora più decisive, in primis quelle del pittore romano Orazio Borgianni che portò in Spagna la tecnica del Caravaggio e della pittura veneziana. Borgianni fu ricercatissimo dagli spagnoli, come dimostrano opere quali “David e Golia”e il “Crocifisso” di Cadice.  Primo tra i seguaci di Borgianni fu Tristàn e il suo “S. Antonio abate” (Prado) ne è la dimostrazione. Quasi sicuramente, come scrive anche Longhi, vi furono in Spagna opere del Caravaggio che, lo ricordiamo, aveva lasciato a Napoli, centro più importante del dominio spagnolo, alcuni suoi capolavori. Velàzquez sicuramente conobbe l’arte di Caravaggio e di Battista Caracciolo (Battistello), il più completo tra i caravaggeschi italiani, e di Bartolomeo Cavarozzi.

 

Orazio Borgianni, "Davide e Golia" (Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid)

Orazio Borgianni, “Davide e Golia” (Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid)

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