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Siamo tutti soli, siamo tutti diversi. Intervista a Gli Omini

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gli omini con ci scusiamo per il disagio al teatro francini casalguidi pistoia

 

di Irene Tempestini

 

In occasione dello spettacolo “Ci scusiamo per il disagio” andato in scena al Teatro Francini di Casalguidi (Serravalle Pistoiese), ci siamo seduti con Gli Omini, avvolti dalla magica atmosfera che si respira a teatro , e abbiamo fatto una bella chiacchierata per conoscere meglio una delle realtà più interessanti del panorama teatrale italiano.

 

Da tre anni portate in scena il Progetto T… T come teatro, come treno, come transappenninica. Aggiungo io T come topico, ovvero legato ad un luogo, al territorio, ma anche nel significato medico di qualcosa che si mette direttamente sulla parte malata, perchè il lavoro di analisi che fate su di voi, sugli altri, sulla condizione dell’essere umano, sul dolore, sull’alienazione, è una vera e propria ricerca antropologica finalizzata a capire ed alleviare il dolore. Infine topico mi riporta agli anni del liceo, nello specifico riferito alla topica della logica e retorica classica, nella sua accezione di invenzione di argomenti per sostenere un determinato tema. Condividete con me? Vi sentite topici?

Bhè wow (sorridono). Il teatro sicuramente ci ammala, ma riesce anche ad essere una cura per noi stessi e spesso per gli altri. Le immersioni che facciamo ci rimangono addosso e l’empatia che si crea con la gente che incontriamo necessita di una lunga digestione. Da oggi però ci piace molto la definizione di topici…e utopici anche, perchè no! Gli Omini topici e utopici!

 

Quanta sofferenza celata sotto l’ironia? Quanto è faticoso per voi il contatto con il dramma della gente?

La parte ironica è la parte lenitiva e curatrice, tramite questa riusciamo a fare un’operazione catartica nei confronti del dolore. La sofferenza c’è ed è inevitabile, perchè per porsi come ascoltatori neutri dobbiamo essere molto permeabili. Le giornate di indagine ci lasciano l’amaro in bocca, poi  però succede anche di incontrare persone che ci aprono gli occhi e ci fanno vedere cose che non avremmo mai conosciuto o potuto vedere. E questa è la parte più bella e irrinunciabile di quello che facciamo.

 

Avete mai incontrato qualcuno che si è opposto alla vostra attività di analisi, di reporter teatrali? Qualcuno che non ha apprezzato la vostra ironia?

Raramente, perchè di solito capiscono. E’ accaduto in passato che uno completamente fuori di testa già di suo si sia arrabbiato ma non stava bene, e non gli abbiamo dato importanza. Capita invece che qualcuno che assiste allo spettacolo con obiettivi critici intraveda qualcosa di errato, superficiale, caricaturale e quindi fraintenda il vero significato di quello che facciamo. Ne scaturisce la critica sull’ironia, che per noi è invece l’elemento fondamentale e salvifico del nostro lavoro. Senza, i nostri sarebbero dei veri e propri drammi e verrebbe meno la caratteristica che ci contraddistingue e che ci ha portato oltre dieci anni fa a dar vita al nostro progetto teatrale.

 

La cosa più bella e più brutta che vi hanno detto o che vi è successa?

A volte capita che il pubblico interpreti in maniera opposta quello che è un messaggio che volevamo lanciare. Ad esempio è successo che quelle che a noi sembrano storie e battute orribili, tragiche e volutamente esasperate per caricarle di significato , vengano recepite  dal pubblico solo in chiave umoristica. Una volta hanno accennato addirittura una standing ovation per una brutta battuta sui rom, in pratica hanno  recepito l’opposto di quello che volevamo.Ognuno però è libero di reagire come reputa più opportuno e noi non possiamo imporre niente.

 

Vi siete mai sentiti inappropriati? Avete mai capito di essere di fronte ad un pubblico sbagliato e che i presenti avessero completamente sbagliato serata per andare a teatro?

E’ successo sì. E’ facile rimanere male mentre sei in scena e soprattutto se non senti reazione, però spesso le risposte sono così diverse, che un pubblico può ridere mentre un altro, per lo stesso spettacolo, risponde con il silenzio. Per esempio in Campania i nostri spettacoli sono drammi, eventi tristissimi probabilmente perchè manca l’ingrediente del dialetto e di alcune sfumature che possiamo percepire solo noi toscani. Il pubblico di Napoli risponde sempre con un assordante silenzio ma va bene lo stesso. L’importante è che lo spettacolo venga apprezzato secondo l’interpretazione che ognuno si sente di dargli.

 

Quanto è importante per voi la condivisione?

E’ importantissima come lo è anche la comunicazione. Vogliamo essere intesi da chiunque sia di fronte a noi. Ci piace essere seguiti, ma non possiamo pretenderlo da tutti. E’ capitato che alcune persone si siano alzate a metà spettacolo, probabilmente perchè non hanno apprezzato qualche volgarità ritenuta anti educativa, magari per la presenza di un minore. Ma va bene così, lo accettiamo e ne prendiamo atto.

 

Voi siete una compagnia affiatata ma siete anche promotori e fautori convinti dell’individualità. Quando fate ricorso all’individualità e che cos’è per voi?

Dare valore estremo all’individualità è una consapevolezza cresciuta negli anni, perchè il proprio essere deve mantenersi forte e radicato dentro di noi. Spesso si hanno opinioni e idee diverse, per non dire opposte, ognuno fa il proprio percorso e così deve essere. Ovviamente il tutto si deve armonizzare e quindi ci siamo dati alcune regole da dover rispettare per poter condividere il palco. C’è bisogno dell’individualità e c’è bisogno di arricchire il proprio percorso per poi rapportarsi agli altri. Il gruppo ne esce fortificato mentre senza andrebbe a morire.

 

Con il Progetto T avete dato voce a piccole realtà del territorio e messo in luce bellezze paesaggistiche rimaste a lungo nell’ombra. La gente ha capito quello che avete fatto? Che feedback avete avuto?

Chi sì chi no. Non tutti vedono quello che vorremmo. Noi abbiamo fatto tutto con anima e cuore, e  a fine giugno/ inizio luglio faremo un incontro per capire i riscontri e le impressioni. Noi crediamo di aver fatto il possibile con la forma d’arte che abbiamo scelto e che amiamo, ma che non è proprio per i grandi numeri. Comunque siamo consapevoli di aver attirato l’attenzione di un buon numero di persone e ci sembra di aver smosso abbastanza le acque. Siamo soddisfatti in questo senso.

 

Proseguirete in questa direzione?

Abbiamo lavorato tre anni sul Progetto T quindi dobbiamo e vogliamo fermarci. Il viaggio è concluso, abbiamo affrontato una moltitudine di esperienze, incontrato pendolari, disadattati, controllori, piccioni e quel mondo lo abbiamo indagato già abbastanza. Dobbiamo ora volgere lo sguardo altrove, per trovare nuova linfa.

 

Gli Omini più che persone fisiche rappresentano un modo di essere e di vivere. Cosa vuol dire essere Omini?

La caratteristica principale è l’immersione totale nella realtà, essere sempre pronti a lasciarsi stupire, essere follemente curiosi, guardarsi intorno e lasciarsi conquistare e sconvolgere.

 

Avete paura di perdere lo stupore e la passione per quello che fate?

Ci succede ciclicamente di avere la nausea per questo lavoro. Bisogna essere sempre in ascolto, assorbire come spugne e dopo un po’ si arriva ad essere saturi e non si ha più voglia di ascoltare ma anzi si cerca di dissociarsi. Questa cosa ci è successa frequentemente come Omini. Bisogna imparare a farci i conti e ognuno di noi deve capire come rinnovarsi, come ritrovare l’elemento curiosità per evitare la noia e la stanchezza. Capitava durante le indagini di tornare a casa con accumuli di drammi e stress inauditi e alla lunga insopportabili. A volte ci chiediamo chi ce lo fa fare, però poi lo straordinario torna sempre, e ritroviamo il senso di e per quello che facciamo. Il teatro è una palestra di vita, un lavoro psicologico continuo e un dispendio energetico importante.

 

Progetti nell’immediato?

Ci riposiamo, dobbiamo capire come procedere, come rinnovarsi, come trovare nuovi spunti. Non è una passeggiata di salute quello che facciamo, potremmo continuare a fare spettacoli, le richieste ci sono, anche per produrli i nostri spettacoli, ma ora dobbiamo fermarci. E’ giusto così. Rispetto agli inizi siamo cresciuti come essere umani e come attori, quindi dobbiamo prenderci il tempo per nutrire l’ispirazione e per ri-bilanciare la parte ironica e quella malinconica dei nostri spettacoli.

***

Progetto T

Parte dalla Stazione di Pistoia, sale in treno, arriva a Porretta Terme, fa indagini e interviste territoriali, alla ricerca di storie e personaggi, performance, installazioni, eventi su una delle linee ferroviarie più antiche d’Italia e nei suoi luoghi abbandonati. Vuole trasformare un vagone in un Teatro viaggiante. Tutto nasce sul posto, insieme alla gente. Il vero senso della visione omina viene solo dalla selezione e dal montaggio. Il Progetto T è prodotto dall’Associazione Teatrale Pistoiese, in collaborazione con Comune di Pistoia, Provincia di Pistoia, Centostazioni e MiBAC.

 

Gli Omini sono:

Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Luca Zacchini, Giulia Zacchini

 

www.gliomini.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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