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La Fortuna dei Primitivi – Tesori d’Arte dalle collezioni italiane fra Settecento e Ottocento

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Martedì, 24 Giugno 2014, Lunedì, 08 Dicembre 2014

La Fortuna dei Primitivi – Tesori d’Arte dalle collezioni italiane fra Settecento e Ottocento

Le opere in mostra sono suddivise in piccole sezioni introdotte dall’effige del collezionista al quale erano appartenute e l’allestimento è stato studiato per “simulare” la dimora, il luogo, nel quale i vari collezionisti conservavano queste loro opere. La scelta è stata fatta cercando di dare visibilità a tutte le aeree d’Italia che ne furono teatro, da Roma che fu centro propulsore del fenomeno in esame, alla Toscana e varie altre aree d’Italia, al Veneto, Napoli, Modena – Parma.

Tra i collezionisti sfilano con i loro tesori: Agostino Mariotti, Sebastiano Ranghiasci, Tommaso Obizzi, Padre Raimondo Adami, Angelo Maria Bandini, Alfonso Tacoli Canacci, Stefano Borgia, Sebastiano Zucchetti, Ottavio Gigli…(ecc.), personaggi di varia estrazione sociale, spesso membri del clero, persone colte, eruditi, bibliofili che in molti casi furono anche in contatto fra loro influenzandosi a vicenda.

Tra gli artisti rappresentati figurano pittori, scultori e miniatori di Firenze e d’altri centri italiani quali il Maestro della Maddalena, Arnolfo di Cambio, Bernardo Daddi, Taddeo Gaddi, Nardo di Cione, Lippo Memmi, Vitale di Bologna, Ambrogio Lorenzetti, Pietro da Rimini, Matteo Giovannetti, il Beato Angelico, Attavante degli Attavanti, Andrea Mantegna, Cosmè Tura, Piermatteo d’Amelia e Giovanni Bellini. Ma altrettanto affascinante è l’aspetto meno immediatamente evidente della scelta delle opere d’arte, una sorta di spessore storico che ognuna porta con sé, una bruma di notizie sepolte negli archivi, di fatti accaduti, di vite vissute, dalla quale prendono forma – perspicacemente plasmate da studi e ricerche – le identità poco conosciute o addirittura dimenticate dei raccoglitori che si adoperarono, con atteggiamento pionieristico, per salvare quelle remote testimonianze artistiche dalla distruzione o dall’abbandono.

Del tutto inconsapevoli dello sconosciuto sentiero che si apprestavano a percorrere e delle conseguenze che quel cammino avrebbe avuto per la storia dell’arte, tutti quei singolari collezionisti seppero esprimere, ciascuno a modo proprio e con forza che gli competeva, una spinta inattesa all’ingovernabile oscillazione della sfera del gusto. Mossi a raccogliere tavole antiche e fondi oro per doveroso, o istintivo, senso di tutela e salvaguardia, o per ragioni di pura indagine storica, ma non disgiunto fors’anche da sincero (benché assai tiepido) apprezzamento formale, certo è che tutti costoro hanno lodevolmente preservato dalla dispersione tanti piccoli e grandi capolavori, avviando il processo della loro fortuna collezionistica e critica che non è fuor di luogo definire, da lì in poi, inarrestabile. Gli eventi della Storia successiva hanno dato loro ampiamente ragione e questa mostra ne celebra la riconosciuta e indiscussa lungimiranza.

Galleria dell’Accademia di Firenze

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